Investire nel residenziale in locazione (Private Rented Sector e Built to Rent)

Carlo Palmeri – Executive Managing Director di CONIO

Leggo sempre più spesso che il Private Rented Sector (PRS) e il Built to Rent (BtR) appartengono ad una asset class che si sta diffondendo sempre più in Italia. Ma i progetti avviati si contano sulle dita di una mano e, a mio avviso, non possono essere considerati rappresentativi di un settore che in Italia non esiste, o meglio, non esiste più, dopo il fenomeno delle dismissioni dei grandi proprietari, avvenuto principalmente nel primo decennio del secolo. La ricostituzione di un’offerta in locazione significativa non può che avvenire con un ampio ed organico intervento normativo che, da un lato, rimuova gli ostacoli esistenti (relativi a fiscalità, normativa urbanistica/edilizia e normativo sui contratti di locazione) e, dall’altro lato, introduca un sistema di incentivi; la generazione di condizioni favorevoli dovrebbe intervenire contemporaneamente all’introduzione di vincoli al mantenimento nel lungo termine di tale offerta.

Il PRS ed il BtR vengono rappresentate inoltre come una asset class in grado di garantire rendimenti più stabili nel lungo periodo. Anche questa affermazione non mi trova concorde in termini assoluti perché farebbe discendere la redditività immobiliare semplicemente da una destinazione d’uso. Invece, come per le altre asset class, e forse in misura ancora maggiore, è necessaria un’alta professionalità dei gestori perché si realizzi effettivamente una redditività. Si consideri fra l’altro che avendo questa asset class una redditività mediamente inferiore alle altre e molto vicina al punto di pareggio, sono sufficienti pochi errori strategici ed organizzativi per azzerarla e generare una spirale negativa di distruzione di valore.

La professionalità dei gestori dovrebbe, a mio avviso, scaturire innanzitutto dalla consapevolezza del fatto che la gestione del residenziale in locazione è complessa e faticosa. Nel confronto un po’ con i principali gestori sul mercato – o meglio con quelli che si professano gestori di patrimoni residenziali – rilevo che questa consapevolezza non c’è. E’ presente invece una superficiale autostima non motivata da un track record reale.

Entriamo nel merito e vediamo cosa si intende per gestione complessa e faticosa del residenziale in locazione.

La gestione del residenziale in locazione non è assimilabile sotto il profilo organizzativo al direzionale, al commerciale o al logistico ma piuttosto all’alberghiero, e non solo nel segmento degli studentati ma in tutti i segmenti del c.d. Living. Si tratta infatti di un business in cui il ruolo principale deve essere affidato ad un “gestore”. Come per l’alberghiero, il gestore deve avere come obiettivo principale il raggiungimento e mantenimento di un livello ottimale di occupancy del patrimonio gestito, in un delicato equilibrio fra massimizzazione dei canoni unitari e minimizzazione della rotazione (sostituzione degli inquilini).

Infatti, il rendimento è frutto, da un lato, dai ricavi che si formano con un alto e costante livello di occupancy. Al contrario di quanto comunemente assunto, il mantenimento di una occupancy alta e costante è estremamente complesso, come vedremo appresso.

Dall’altro lato il rendimento dipende dal livello dei costi operativi, che sono essenzialmente connessi alla rotazione dell’inquilinato, più c’è ricambio e più alti sono i costi operativi, indipendentemente se la rotazione derivi dal termine dei contratti, dai recessi anticipati o dagli sfratti. Una maggiore rotazione può essere considerata positiva solo in presenza di una forte crescita di mercato non compensata dall’adeguamento al costo della vita dei canoni, condizione piuttosto rara a verificarsi, o nel caso di un patrimonio inizialmente locato a condizioni molto inferiori al mercato.

Per passare dalla teoria alla pratica, provando ad applicare questi concetti ad alcuni dei progetti in via di realizzazione, si rileva subito una incoerenza di strategia e di organizzazione. Nel mercato di Milano si punta al segmento di mercato dei professionisti che raggiungono la città per esigenze di lavoro, segmento considerato adeguato in termini di capacità di spesa e sicuro in termini di credito. In effetti, questo segmento ha tali caratteristiche ma ha anche una rotazione medio alta e quindi i maggiori ricavi che è in grado di generare a livello unitario si traducono in una minore e più variabile occupancy nonché in maggiori costi operativi. Inoltre, prediligere questo segmento di mercato rischia di creare delle case dormitorio con assenza degli inquilini in orario diurno e nei fine settimana generando un senso di isolamento, di insicurezza e minor attrattività per altri segmenti di mercato Quando poi si passa da una scala di decine di unità ad una di centinaia di unità è irrealistico pensare che l’inquilinato possa essere costituito solo da professionisti in trasferta. L’occupancy sarà invece principalmente costituita dalle famiglie le quali sono statisticamente soggette agli eventi della vita (perdita del posto di lavoro, riduzione del reddito, spese sanitarie impreviste, separazioni e divorzi, incidenti, ecc.) che vanno gestiti e non subiti, con un ruolo proattivo del gestore.

In questo ambito, i progetti nei quali l’investitore ha deciso di assegnare l’incarico di locazione ad una agenzia di intermediazione e quello di gestione ad un fornitore di servizi di property e facility management rischiano di non riuscire ad avere un’adeguata gestione dell’occupancy nei termini su indicati. L’intermediario sarà motivato a sottoscrivere quanti più contratti di locazione possibili e quindi sarà ben contento di registrare una rotazione; il property e facility manager gestirà passivamente la morosità e le attività manutentive necessarie per l’ingresso dei nuovi inquilini arrancando dietro un fenomeno fuori dal suo controllo. L’occupancy sarà sotto gli obiettivi prestabiliti dai business plan per l’eccessiva presenza di periodi di sfitto degli appartamenti soggetti a rotazione. Nell’inevitabile rimbalzo di responsabilità i team coinvolti si disarticoleranno creando ulteriore disservizio.

Per evitare questo scenario negativo è necessario che l’investitore prenda coscienza della necessità di ingaggiare un gestore, ruolo ben diverso da quello dell’agente e del property e facility manager; anche in presenza di strumenti di incentivazione che facciano convergere i sistemi di remunerazione dell’agente e del property e facility manager, i due ruoli hanno inevitabilmente una natura differente Il gestore è un professionista che dirige l’attività dell’agente attraverso una selezione accurata dei nuovi inquilini non solo in termini di analisi del credito ma soprattutto di mix di profilo di rischio, determinato dalla composizione del nucleo familiare, dalla entità e tipologia di redditi, ecc.. Per fare un esempio di profilo di rischio, si pensi ad una coppia con due redditi ebbene questo cliente ha un profilo di rischio minore di una coppia con un reddito solo, anche se il totale del reddito fosse uguale. Altri elementi di valutazione sono il settore in cui lavorano gli inquilini, aspetto che va gestito attentamente per limitare l’esposizione a determinati settori per i quli è attesa una riduzione dei posti di lavoro.

Allo stesso tempo il profilo di rischio va tenuto aggiornato andando a bilanciare costantemente il mix complessivo e ciò è possibile solo in presenza di un gestore che mantenga un rapporto diretto e costante con gli inquilini e ne tenga aggiornata la profilazione.

Ma come si realizza concretamente un rapporto diretto e costante con gli inquilini?

Esistono diversi strumenti che consentono di guadagnare e gestire il rapporto con gli inquilini, strumenti che in parte sono stati negli ultimi anni acquisiti anche nei progetti di Social Housing seppur solo in parte applicati a fondo:

  • Incontro conoscitivo iniziale: è l’incontro che il gestore dovrebbe effettuare con i potenziali inquilini individuati dall’agente con lo scopo di rilevare analiticamente il profilo di rischio ai fini dell’istruttoria pre-locativa;
  • Sportello d’ascolto: è uno sportello fisico con una presenza periodica sul complesso immobiliare all’interno di uno spazio comune appositamente realizzato in termini di posizionamento e di caratteristiche, dedicato ad incontrare gli inquilini costantemente;
  • Call center: tradizionale sistema di ricezione delle chiamate degli inquilini esercitato in forma professionale, con un centralino tecnologicamente avanzato, un sistema gestionale digitale, orari e criteri di gestione codificati;
  • Customer care: un servizio con personale esperto dedicato a gestire quotidianamente le esigenze degli inquilini anche e soprattutto relativamente alle attività gestite degli altri componenti del team (agenti e building, property e facility manager), che si estrinseca in una attività di monitoraggio, gestione dei tempi di risposta e feedback agli inquilini.

C’è un altro ingrediente però che non può mancare perché la gestione degli inquilini sia efficace: l’esperienza ultradecennale in queste attività. Mentre gli strumenti di cui sopra sono teoricamente insediabili – a patto di saperlo fare correttamente – l’esperienza non si genera nel breve termine. L’esperienza di cui trattiamo comprende fra l’altro anche la capacità di dialogo sia con l’inquilinato che con altri stakeholders rilevanti come i sindacati degli inquilini, gli uffici pubblici che si occupano di diritto alla casa ed erogano contributi, i rappresentanti dei servizi sociali, le associazioni di quartiere o di scopo, gli enti religiosi, ecc..

A questo punto a molti lettori sarà sorta legittima una domanda: a cosa serve tutta questa attrezzatura e questa esperienza per la gestione di PRS e BtR?

Come già detto, in un complesso più ampio di qualche decina di appartamenti l’inquilinato sarà composto principalmente da famiglie che, per quanto selezionate in fase iniziale, incontreranno, in percentuali statisticamente rilevanti, vicende della vita che le potrebbero portare a comportamenti negativi nei rispetti del complesso che abitano: dal mancato o ritardato pagamento di canoni di locazione e degli oneri accessori, alla conflittualità verso il team di gestione e/o verso i vicini, la mancata manutenzione ordinaria, il danneggiamento delle parti comuni o dell’unità abitata, la mancata integrazione sociale nella comunità, la carenza di decoro, ecc.. Tutti questi comportamenti hanno evidentemente un impatto negativo diretto sui ricavi e sui costi di gestione ma anche un impatto indiretto sulla disponibilità a pagare canone ed oneri e quindi sull’immagine del complesso e sulle attività di marketing. In questo ambito, il gestore ha il compito di rilevare o possibilmente anticipare ed evitare i comportamenti negativi e promuovere quelli positivi.

E’ importante mettere in evidenza che i progetti di RtB devono essere progettati in modo specifico con delle differenze rilevanti rispetto al Built to Sell in modo da consentire ed agevolare le attività del gestore. Solo per fare alcuni esempi rilevanti ma non esaustivi, per poter attivare uno sportello di ascolto è necessario avere a disposizione un’unità immobiliare con almeno due stanze autonome, una sala di aspetto ed un servizio igienico; l’unità deve essere posizionata a piano terra in prossimità dell’ingresso del complesso immobiliare, possibilmente con le finestre di almeno una stanza rivolte verso il passaggio pedonale per facilitare il contatto visivo. Inoltre, se si vuole mantenere il decoro del complesso è necessario che i balconi siano dotati di armadiature strutturali ed uniformi, che tutti gli appartamenti abbiano un ripostiglio con funzione di lavanderia e piccolo stenditoio. Potremmo fare molti altri esempi ma in realtà ogni progetto, in relazione alla sua dimensione, localizzazione e tipologia, dovrebbe avere una diversa dotazione che va progettata con un coinvolgimento del gestore sin dalle fasi iniziali di concepimento del PRS e BtR.